giovedì 12 luglio 2012

Intervista all' autore di "Il Luccio e le acque"

 di Riccardo Gurzoni & Tyrone Lucon Xiccato

 Intervista a Dario, autore del libro " Il Luccio e le acque, Ecologia ambientale e comportamentale".

Questo libro, ma definirlo libro è riduttivo, non è il solito testo pieno di consigli dell esperto di turno, ma è a quasi un trattato di ecologia dei sistemi acquatici, ricco di spunti e di informazioni derivanti molte ricerche personali dell'autore su pubblicazioni scientifiche internazionali che hanno capacità di aprire la mente del lettore, e di considerare il luccio non come specie a se stante nell'ecosistema ma parte integrante di esso. Il testo va ad analizzare ogni dettaglio (fisico chimico) sia della componente abiotica che quella vivente degli ecosistemi acquatici. Durante la lettura si può percepire la passione di Dario nei confronti di questo pesce, e la cultura che ha verso il mondo del Pike Fishing; Non mancano le citazioni ai grandi autori anglosassoni come Fred Buller. Inoltre è dedicata una parte del testo a qualche leggenda, i  record, gli aneddoti sui nostri amati Esocidi .

Una lettura che consigliamo veramente a tutti


D- Ciao Dario presentati ai nostri lettori e raccontaci un po' di te, della tua vita, di come hai incominciato a pescare.


R- Ciao a tutti, il mio nome è Lamico Dario, o perlomeno questo è il cognome d'arte che ho scelto per firmare il mio libro "Il luccio e le acque" che spero molti di voi conoscano già. In questa intervista vorrei parlarvi un po' di me.
Dato che ho superato la cinquantina, e pesco in pratica da sempre, mi è difficile individuare il momento preciso della nascita della mia passione per il luccio e la sua pesca. Posso invece ricordare quando già a quattro anni di età mio padre mi portava sulle sponde del fiume Po vicino al delta, dove i miei sono nati, ed è là che esplose la passione per la pesca. Mi confessò poi che per incoraggiarmi mi attaccava alla lenza dei baffuti pesci gatto che io recuperavo felice. Crescendo continuai a catturare ogni specie di pesce che nuotava nelle acque che incontrai, dolci o salate, di giorno o di notte e in ogni stagione.



D- Perché quest'amore per il luccio, cosa ti porta a "amarlo" in questo modo?

R- I pesci mi hanno sempre affascinato, spesso distogliendomi dagli impegni scolastici per frequentare l'acquario cittadino e i negozi di animali e non appena ebbi il mio primo motorino, i laghetti, gli stagni, i fossi e i fontanili nel raggio di qualche decina di chilometri dalla mia Milano mi furono finalmente accessibili. Ma tutto ciò non mi bastava e presto mi trovai con una quantità di acquari dove riproducevo e allevavo molte specie. Sviluppai così una certa confidenza nell'analisi dei valori delle acque, cartine al tornasole e reagenti chimici mi erano familiari se volevo che i miei piccoli ospiti arrivassero a maturare le uova e gli avannotti potessero svilupparsi sani e numerosi.
Ma ogni aspetto della vita dei pesci mi appassionava oltremodo, arrivai anche a costruire un piccolo ospedale, con tante vaschette dove curavo i piccoli pesci tropicali malati che mi facevo regalare dai negozianti, felici di sbarazzarsene. Di sicuro leggevo e studiavo con più impegno i trattati di ittiologia che i libri di scuola. Un giorno trovai in una pozza alcuni avannotti di luccio e ne portai uno a casa, dove lo allevai per alcuni mesi e chissà forse è stato quel pesce a catturare la mia attenzione.
O furono le letture di suggestivi racconti di bravi scrittori.
Chissà?
Di certo da molti anni ormai i miei pensieri sono completamente occupati da questo superpredatore.


D- La letteratura straniera è ricca di testi specifici sugli esocidi, ma mancava un vero volume specifico italiano, è stato questo a motivarti a scrivere questo libro? Da quanto avevi in mente di scriverlo e quanto tempo ci hai messo per arrivare all'ultima stesura?

R- Ammetto di essere un collezionista di libri sul luccio e nei miei viaggi all'estero ho raccolto un'ampia letteratura sull'argomento. Effettivamente nel nostro paese mancavano e mancano tuttora dei testi che trattino in modo esaustivo la vita di questo predatore. Devo dire che anche nei libri d'oltralpe ho però sempre faticato a trovare le risposte alle mie numerose curiosità, ma probabilmente sono sbagliate le mie aspettative. È ovvio che un libro di pesca tratti principalmente di attrezzature e tecniche di pesca, mentre io cerco informazioni sulle temperature preferite dai nostri pesci e indicazioni di carattere biologico, per questo sono maggiormente attratto dagli studi scientifici dei ricercatori. Il libro non è il solito elenco di sistemi di pesca o di esche, non intende dare formule magiche, né tantomeno è il solito testo autoreferenziale. Forse a causa di mie caratteristiche caratteriali o per una deformazione professionale dovuta al mio lavoro da tecnico di tutti i giorni, per comprendere un problema devo prima raccogliere più elementi mi sia possibile, poi ordinarli secondo una sequenza logica e infine trarne una sintesi.
Perché il luccio attacca un'esca e non un altra?
Dove vivono i lucci nel lungo periodo estivo, quando paiono scomparire?
Come mai per buona parte del loro tempo giacciono in qualche luogo irraggiungibile completamente inattivi?
A un certo punto, una decina di anni fa, iniziai a fare una sorta d'inventario delle esperienze mie e dei miei amici, raccolsi perciò appunti e testi che avevo collezionato e cercai una sintesi che scrissi. È così che nacque il libro.



D- Quali sono i messaggi principali che intendevi trasmettere con il tuo testo?

R- Direi principalmente essere curiosi e seguire sempre le proprie intuizioni, in Italia non vi è una grande esperienza sulla pesca dei grandi lucci e, almeno per ora, è come se fossimo tutti pionieri.
I grandi lucci sono pesci veramente rari e dobbiamo rispettarli, liberandoli dopo averli trattati con le migliori cure. E infine, come ho più volte ripetuto nel libro, voglio ribadire un concetto che potrà apparire perfino banale, ma che non è così scontato:
Dobbiamo sempre percorrere nuove strade, essere innovativi, perché ripetere continuamente ciò che abbiamo sempre fatto, non può che darci i risultati che abbiamo sempre avuto.


D- Uno dei concetti che traspare dal tuo libro è la stretta rete di interazioni tra gli organismi che abitano le nostre acque. La pesca che concepisci non è la semplice ricerca del nostro target, quanto la ricerca di un'estesa conoscenza delle caratteristiche ambientali (biotiche comprese) al fine di ottenere risultati sempre migliori in termini di catture, ricerca basata su nozioni ecologiche, intuizione, spirito d'osservazione e tanta esperienza. In quest'ottica cosa ritieni fondamentale per il continuare la nostra attività in futuro?

R- La domanda è complessa e articolata e in pratica contiene già le risposte. Gli ecosistemi sono ambienti molto complessi e sono legati tra loro. È fin troppo ovvio che un habitat lacustre non potrebbe svilupparsi disgiuntamente dal suo bacino imbrifero, ma è strettamente correlato anche ai cicli stagionali, alle temperature atmosferiche, al grado d'inquinamento e alle trasformazioni antropiche. È fin troppo ovvio che per catturare i nostri pesci sia importante conoscere a fondo le loro abitudini che sono legate intimamente agli habitat. Tutto ciò che possiamo fare è capire e rispettare l'ambiente e gli organismi che vi vivono, ma sopratutto liberare i lucci, specie i grandi esemplari, per preservarci il futuro.


D- Nel corso della tua pluriennale esperienza come hai visto cambiare il mondo della pesca in generale e sopratutto il mondo della pesca al luccio?

R- A onor del vero è veramente difficile fare dei paragoni col passato. Fino a quasi un decennio fa non vi erano molti pescatori dediti alla pesca del luccio. Tutto ciò che si sapeva sul pesce e la sua pesca erano antichi retaggi che si rinnovavano senza soluzione di continuità. Capitava spesso di vedere uccidere ogni luccio pescato, di qualsiasi dimensione fosse e i pesci superiori ai cinque chilogrammi facevano notizia. Poi arrivarono i pesci d'oltralpe, che venivano immessi ovunque, ma per anni nulla pareva cambiare, tranne le livree dei lucci. Le profondità dei nostri laghi stavano però proteggendo la crescita di nuove generazioni di grandi lucci. Con alcuni amici eravamo riusciti a sintonizzarci su quei pesci, sopratutto grazie alle grandi esche che importavamo dall'America, era quasi come se pescavamo in una specie di riserva, senza concorrenza. Ciò che è successo è ormai evidente, Internet ha messo in contatto migliaia di appassionati, nuove tecniche, esche ed esperienze valicano ogni spazio. Le piccole popolazioni di grandi lucci sono ormai a portata di un numero sempre crescente di pescatori.


D- Senza andare troppo indietro negli anni, a quando c'erano popolazioni meglio strutturate di lucci, e tralasciando pure gli anni di massiccio inquinamento che hanno visto la rarefazione degli habitat e delle biomasse di lucci stessi, come vedi la situazione ecologica del luccio in Italia? Ti sembra che le popolazioni siano in crescita o in decrescita? Hai notato sbilanciamenti a favore di determinate classi di lunghezza, indici che qualche disordine ecologico è in atto?

R- A questa domanda ho in parte già risposto, premetto però che per trovare le popolazioni di lucci naturalmente ben strutturate in acque esenti da inquinamento, bisognerebbe probabilmente andare ai tempi della seconda guerra mondiale. Nemmeno la mia generazione ha mai visto un tal eden. Perciò i popolamenti di lucci che abitano le nostre acque sono perlopiù talmente recenti da non avere ancora raggiunto una loro stabilità.


D- Come vedi la situazione attuale, credi che anche il pescatore sportivo, anche se praticante il catch and release, rappresenti un elemento di disturbo nei confronti di tali pesci? Pensi che la pressione aliuetica possa indurre condizioni stressogene e condizionare la sopravvivenza degli individui (sia allamati che non), condizionando così la dinamica delle popolazioni nonché più banalmente facendo aumentare la difficoltà di catture?

R- Pur se i pescatori attuali sono mediamente molto più sensibili agli aspetti ecologici dei loro predecessori, è inevitabile che le nostre pratiche condizionino a fondo l'esistenza dei lucci. È certo che la pressione di pesca stressi i pesci causandogli perfino modificazioni comportamentali. Mi viene in mente un episodio del passato, quando da ragazzo liberavo già tutto ciò che catturavo, alcuni vecchi pescatori che mi videro più volte tornare alla libertà cavedani e black bass, mi rampognarono in modo energico perché a loro dire i pesci liberati avrebbero in qualche modo insegnato agli altri a star lontano dagli ami. Allora considerai la cosa una sciocchezza, una specie di credenza superstiziosa, ma devo dire che forse forse... Come ogni altro animale, anche i nostri pesci apprendono e dimostrano di avere persino una buona memoria. È evidente che i pesci liberati divengano sospettosi e timorosi verso ogni segno della nostra presenza, che riescano a identificare i suoni prodotti dai motori delle nostre barche tenendosene alla larga, che si allarmino sentendo le nostre voci e realizzino che se vedono un'esca in movimento mentre siamo nei paraggi è meglio che evitino di attaccarla. Ma sopratutto credo che il timore di alcuni pesci si trasmettano inevitabilmente ai loro simili, se un luccio, che è scattato su una potenziale preda si blocca e fugge spaventato allarma tutti gli altri. Quindi, tornando alla domanda, sicuramente la pesca ha molti effetti sia sul carattere dei pesci, che si "intimidiscono" sia sulla loro sopravvivenza, giacché una certa percentuale di esemplari liberati, anche se trattati con ogni cautela, finisce per ammalarsi e poi morire, le ricerche stimano che in funzione di fattori vari la mortalità dopo rilascio possa variare tra un 2% e il 10%.







D- So che hai avuto modo di pescare all'estero, che differenze puoi riportare sul modo di vivere la pesca nei paesi che hai visitato? Come viene visto un ecosistema? Cosa puoi riportare della gestione? Cosa importeresti in Italia di quello che hai visto?

R- La risposta a questa domanda è piuttosto complessa, infatti, come elencare i regolamenti e le loro finalità di tanti paesi così diversi?
La prima cosa che balza all'occhio all'estero non sono tanto i regolamenti più o meno restrittivi, quanto il generalizzato rispetto per le cose e gli altri che hanno le persone, in ogni aspetto della loro vita quotidiana. È perfettamente inutile riempire di leggi e regole la nostra esistenza se poi nessuno le rispetta. Faccio solo un esempio molto esplicativo, negli anni ho trascorso molti periodi sul Weissensee, il noto e meraviglioso lago della Carinzia, nei fiumiciattoli che scorrono nei paraggi di Techendorf nuotano indisturbate delle belle e pasciute fario, alle quali nessuno verrebbe in mente di tirare il collo. I giornali quotidiani si possono prendere dai distributori sulla strada lasciando liberamente i soldi in una vaschetta e a nessuno verrebbe di prenderli senza pagarli né tantomeno di rubare i soldi. Nelle banche si entra come in un qualsiasi negozio e non vi sono vetri antiproiettile.
I boschi sono pieni di porcini e altre qualità di ottimi funghi, eppure anche agli austriaci piace mangiare queste prelibatezze, semplicemente raccolgono ciò che gli basta. Ricordo che un giorno m'inerpicai sul sentiero che portava ad un albergo gestito da un nostro connazionale, e a mano che mi avvicinavo trovavo sacchetti dell'autogrill e pacchetti di sigarette gettati a terra e ogni fungo poco pregiato o non commestibile era stato rotto, mentre naturalmente non vi era più traccia di porcini. Le auto degli italiani parcheggiate fuori dall'albergo non avevano la cappelliera, sostituita da una rete metallica dove fare essiccare i funghi raccolti. Inutile dire che dopo qualche tempo le guardie bloccavano sistematicamente le macchine dei nostri connazionali multandoli quando avevano ecceduto nella raccolta. Tornando alla domanda, su cosa porterei in Italia di ciò che ho visto, sicuramente direi una diversa mentalità.


D- Tre consigli pratici per un C&R efficace.

R- Sono le solite regole del buon senso. Dobbiamo cercare di trattare con il maggior rispetto gli animali che catturiamo, sia per una questione etica, sia per un nostro tornaconto, se vogliamo che ci siano sempre grandi esemplari nelle acque che frequentiamo. Dobbiamo perciò anche avere sempre nella dotazione guanti, pinze e tronchesini per riuscire a gestire al meglio lo sgancio degli ami e liberare velocemente il pesce. Cerchiamo ovviamente di tenere il pesce fuori dal suo elemento il minor tempo ci sia possibile ed in ultimo sarebbe meglio sostenerlo in orizzontale per evitare lacerazioni degli organi interni e stiramenti della colonna vertebrale.


D- Come vedi il mondo dell'associazionismo in Italia al momento? Quali misure di tutela vorresti che fossero legiferate per una maggior protezione dei nostri amati lucci, e degli interi ecosistemi in generale?

R- Ecco un'altra domanda che richiederebbe molto spazio per una risposta completa. Le associazioni in se sono generalmente mosse da buoni intenti, ma per una migliore e più organica operatività penso che dovrebbero essere coordinate da strutture superiori, secondo uno sviluppo piramidale fino a dei referenti delle autorità. Spesso invece piccole società di pesca, poco più grandi di un gruppo di amici, si muovono quasi senza una strategia, se non quella di organizzare qualche gara o addirittura ripopolamenti, che il più delle volte rischiano di diventare dei veri disastri ecologici. Vi è da dire che, come in tanti altri aspetti della vita quotidiana, anche per la pesca nel nostro paese, pure le autorità a volte si muovono senza una preparazione adeguata, spesso solo per attingere a qualche finanziamento regionale o per accondiscendere qualche esigenza locale. Credo che se fossero create sui fiumi e laghi ampie zone di tutela integrale, comprensive dei canneti di frega, che rimanessero esenti per anni da pressione di pesca, avremmo già fatto un grosso balzo in avanti. Credo altresì che i veri appassionati ormai non abbiano bisogno di maggiori controlli, perché sono già molto maturi, ma certamente dobbiamo anche pensare che le altre centinaia di migliaia di pescatori abbiano sensibilità diverse e noi non possiamo impedirgli di pescare se rispettano i regolamenti vigenti. Evidentemente si dovrebbe poter imporre a tutti il C&R, ma nell'impossibilità di attuare ciò, sarebbe senza dubbio interessante agire sulle misure minime ribaltando, però, il concetto attuale. Infatti, come alcune esperienze americane ci insegnano, dato che la maggior parte dei popolamenti di lucci è composto da quelli più giovani, molto meglio sarebbe permettere a chi lo desidera di prelevare solo pesci con dimensioni inferiori ad una certa misura, diciamo sessanta centimetri, preservando così gli esemplari più rari e contemporaneamente educando i pescatori generici.





D- Negli ultimi anni con l'evolversi delle tecniche di pesca "specialist" ovvero impostate sulla "caccia" ad una sola tipologia di specie si è evoluta questa mania di pesci di grandi dimensioni, quasi a sminuire le catture degli esemplari più piccoli, hai qualcosa da dire riguardo questa tendenza.

R- È abbastanza naturale che in tutte le discipline sportive l'uomo tenda a migliorare i propri risultati, se poi c'è competizione l'agonismo non può che esaltarsi. Ammetto di essere affascinato dai grandi lucci e naturalmente la tendenza è di cercare sempre l'esemplare più grande. Non è un atteggiamento volto a sminuire l'importanza delle catture dei pesci più piccoli, per ciò che mi riguarda i pesci con livelli d'accrescimento diversi sono realmente pesci differenti, pescando mi diverto sempre e comunque, però l'emozione raggiunge l'apice quando vedo comparire in superficie i grandi pesci strutturati. Certo non bisogna assolutamente perdere il puro gusto della pesca sostituendolo con una stressante rincorsa al nuovo record. Questa tendenza è ancora una volta legata al meraviglioso mondo di Internet, che se ha aperto spazi precedentemente impensabili, rischia di banalizzare ogni cosa, tutto corre veloce e si sovrappone in un'orgia di colori e rumors dove ognuno cerca in qualche modo di emergere, di farsi notare, ma tutto ciò rischia di fare apparire ogni cosa già vista, superata e priva di emozionalità.



D- Vuoi aggiungere qualcosaltro che ci tieni venga trasmesso?

R- Chiunque può catturare un grande luccio saltando ogni tappa, sopratutto osservando o seguendo qualcuno più esperto. Un normale percorso d'apprendimento è però una dura selezione, in ogni attività, ma secondo me solo rispettando i necessari passi obbligati si può ambire ai migliori risultati.
I primi successi esaltanti possono però diventare un ostacolo al necessario percorso d'apprendimento.
La troppa sicurezza può far credere di non avere più niente da imparare e, peggio ancora, può condurci a cercare appagamento narcisistico, pontificando sulle proprie teorie, sordi alle esperienze degli altri, finendo così su un binario morto, che potrebbe infine farci perdere il piacere stesso della pesca. Perciò la cosa migliore è mantenere una certa sobrietà e godersi in santa pace la pesca.



D- Come possiamo acquistare il tuo libro? A chi possiamo rivolgerci?

R- Almeno per ora ho aperto solo il canale mail, chiunque lo desideri può perciò contattarmi a dariolibro@gmail.com.



D- Hai qualche altro progetto in mente per il futuro?

Quando iniziai a scrivere, ormai nove anni fa, l'intenzione era di sviluppare due testi, quello che ha già visto la luce, impostato sull'ecologia ambientale e quella comportamentale del nostro predatore, l'altro avrebbe raccolto gli episodi di pesca più rappresentativi, miei e dei miei amici, una sorta di suggestivo percorso utile per chi volesse trovarne spunti. Anche se siamo ancora ai primi capitoli abbiamo iniziato questo nuovo percorso.